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“Smettere l’anno seguente”: una rivoluzione nel calcio e nella Leadership

È ormai passato un po’ di tempo da quando un giovane romagnolo come ce ne sono tanti, ha lasciato il lavoro nell’impresa di famiglia e di tasca sua si è pagato il corso per ottenere il patentino da allenatore a Coverciano. Ha ormai visitato molte città, si è impratichito del mondo del calcio e ha lavorato per diverse squadre tra le quali Fusignano, Cesena, Rimini e Firenze.
Passando per queste tappe un Arrigo Sacchi neanche quarantenne arriva in una nuova piazza, quella che lo consacrerà e che fungerà da trampolino di lancio per la sua fulgida carriera:

“Così cominciò l’avventura a Parma, tra mille tensioni, attese, speranze, entusiasmo. Un pubblico e una città in attesa di capire chi fosse quell’Arrigo Sacchi da Fusignano di cui tutti parlavano e che, finalmente, avrebbero visto al lavoro. Mi sentivo carico e pieno di energie, non vedevo l’ora di iniziare, anche se avevo firmato per un anno solo, perché l’idea era sempre la stessa: smettere l’anno seguente.”

Da “Calcio Totale – La mia vita raccontata a Guido Conti”

In questa ultima frase è inciso uno dei leitmotiv della carriera di Arrigo Sacchi: l’impossibilità dello stare comodi. Nei primi anni della sua  carriera da allenatore, quel giovane figlio di un fabbricante di scarpe di Fusignano aveva sempre negoziato dei contratti stagionali. E se, sulle prime,  questa fu certamente una scelta dei presidenti che lo ingaggiavano, poi, anche quando il suo lustro andava crescendo, Sacchi decise sempre per quella formula, decise sempre per la libertà.

1. Prima regola: non venire a compromessi con i propri sogni.

Un modo infallibile per sforare tempi e budget è quello di cambiare continuamente idea e prendere decisioni troppo lentamente. ding copia 2

 

Un buon leader non deve accontentarsi senza essere arrivato alla meta, non importa quanta strada ci sia ancora davanti. Questo è vero nel mondo aziendale come nel calcio. Se quel ragazzo romagnolo non si fosse incaponito nel portare un nuovo stile di gioco nelle sue squadre – anche a costo di sacrificare i risultati, almeno in un primo momento – oggi probabilmente né lui né le squadre da lui allenate verrebbero ricordate da qualcuno, sarebbe stato solo uno dei tanti allenatori che fanno il proprio lavoro, sicuramente bene, ma senza alcuno slancio, senza quel guizzo che fa la differenza. Non sarebbe di certo diventato uno degli allenatori più famosi di sempre,  lo storico condottiero di quel gruppo di ragazzi che tutto fu in grado di vincere e che giustamente venne soprannominato “Gli Immortali”, ancora oggi l’orgoglio di tutti i tifosi milanisti sparsi nel mondo.

2. Seconda regola: lavorare duramente.

Il Leader deve essere in prima linea e farsi in quattro per dare l’esempio e riuscire a galvanizzare le doti e le qualità di ognuno.

Sacchi aveva infatti un’incrollabile convinzione: tramite il duro lavoro, la fedeltà e l’ abnegazione, si ottengono i risultati. Questa prospettiva lo ha portato anche a rinunciare, ad inizio carriera, a maggiori compensi in club che però non erano disposti ad investire in un sogno ed erano propensi ad accontentarsi, a fare un contratto di lungo corso ad un allenatore che avrebbe dovuto traghettare la squadra in una placida aurea mediocritas. E questo per Sacchi, uno che arrivava in anticipo ad ogni allenamento, e che quando non era sul campo ad allenare, passava il suo tempo studiando le più forti formazioni della storia del calcio, non era concepibile.

 

Sacchi-allenamento
Arrigo Sacchi in allenamento durante uno dei suoi anni d’oro alla guida dell’A.C. Milan, che portò alla conquista dei più prestigiosi trofei calcistici nazionali ed internazionali.

 

E infine quando la squadra è fisicamente e mentalmente pronta, quando c’è affiatamento, e disponibilità all’aiuto reciproco:

3. Terza regola: perseguire una visione personale e coinvolgente.

Un buon leader non è qualcuno che ordina ma qualcuno che convince. Nel calcio l’affiatamento di una squadra e la disponibilità al sacrificio dei giocatori non sono mai passati inosservati, persino il più burbero e coriaceo tra i tifosi avrà il cuore ammorbidito da una squadra che in campo dà l’anima e non avrà di che lamentarsi. In un’azienda vale lo stesso principio, persino il più esigente dei clienti percepisce l’impegno ed è disposto a ripagarlo.

 

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