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Le caratteristiche del sergente di ferro

“Bisogna sempre provare, avere il coraggio di provare.
Quando si cade, ci si risolleva.
Alla fine le grandi soddisfazioni arrivano sempre.”
Fabio Capello

Classe, tenacia, mentalità vincente e carattere forte, da giocatore e da tecnico. Nel corso della sua carriera, Fabio Capello si è fatto certamente apprezzare per la grinta e la voglia di dare sempre il massimo. Ha saputo guadagnarsi il rispetto incondizionato dell’ambiente: la totale assenza di concessioni al gossip, un severo cambiamento dei dettami di spogliatoio. Con il suo piglio da sergente di ferro, Capello ha rivoluzionato il mondo del calcio. Ha mutato la quotidianità della vita in ritiro, indicando una serie di comandamenti basati su un rigido rispetto delle regole e della forma: niente tolleranza per i ritardi, divieto di presentarsi con abbigliamento “in borghese” nelle occasioni pubbliche, bando assoluto delle infradito e cellulari utilizzabili solamente nelle stanze.

“Quando si arrabbia sono pochi quelli che osano guardarlo negli occhi.
Capello non è tuo amico.
Non chiacchiera con i giocatori.
Lui è il sergente di ferro e quando ti chiama in genere non è un buon segno.
Lui distrugge e costruisce. Mi piacciono gli uomini che hanno potere e carattere.”
Zlatan Ibrahimovic

3 caratteristiche del sergente di ferro

Ecco le 3 caratteristiche del sergente di ferro:

  1. PROVACI SEMPRE
    Suo padre era un maestro elementare. A 15 anni  Capello andò via di casa: restava in contatto con la sua famiglia solo tramite due lettere alla settimana. Una volta suo padre arrivò a Ferrara e gli disse: “Provaci”. Quel “Provaci” lo ha guidato per tutta la sua vita. Così è stato a 18 anni quando si è rotto il primo menisco e a 21 anni, quando si è rotto il secondo menisco. D’estate andava a farsi curare e di sera guardava la televisione con una scarpa di ferro per mantenere il muscolo.
  2. CONOSCI IL TUO TEAM
    Ci sono squadre fatte per salvarsi e squadre fatte per vincere il campionato. La forza di un allenatore, così come di un manager, sta nel capire la squadra che sta allenando, l’azienda dove lavora: è differente essere a Roma oppure a Milano o a Torino. A Madrid era necessario adeguarsi alle abitudini locali, altrimenti non sarebbe stato possibile fare bene. Imporre lo stesso schema in tutti i posti non può avere successo: bisogna capire quale squadra si sta allenando, che giocatori si hanno in mano e dove si può arrivare. I grandi calciatori si gestiscono con severità, serenità, ma soprattutto rispetto. Quest’ultimo deve sempre esserci: se un calciatore arriva in ritardo, lo spogliatoio paga le conseguenze.
  3. IMPARA AD IMPARARE
    Occorre andare in giro, osservare e trovare qualcosa da copiare, da “rubare”, riproponendolo ai propri giocatori. Anche all’interno della squadra, i giocatori che guardano quelli più bravi migliorano: c’è contaminazione, non solo della voglia di vincere, ma di tecniche, dinamismo, personalità. Non contano i nomi di chi va in campo: con Capello gioca chi lo merita, va in campo chi sta bene e soprattutto chi è convinto di vincere.

“È necessario trovare i leader della squadra che trasmettono la mentalità vincente ai ragazzi.
Le squadre vincenti hanno leader positivi, che non si lamentano e trascinano i compagni.
Chi si lamenta fa solo danni.”
Fabio Capello

Non c’è cosa peggiore, per un’azienda, dei falsi leader. Nel mondo aziendale come nel calcio ci sono tanti pericoli: primo fra tutti quello rappresentato dalle persone che diventano “importanti”, ma non sono così brave come vengono descritte. Gli pseudo-leader riescono a mimetizzarsi e a essere sopravvalutati. Compito dell’allenatore-manager è capire il valore reale delle persone con cui si trova a lavorare e individuare i falsi leader, perché fanno solo gravi danni.

Capello da allenatore ha legato il suo nome a città davvero importanti, che hanno avuto la possibilità di esultare grazie a lui. Milan, Roma e Juventus, oltre al Real Madrid in Spagna sono riusciti con la sua presenza in panchina a incrementare notevolmente il proprio palmarès.

In rossonero fare meglio di lui è quasi impossibile: quattro scudetti, una Coppa dei Campioni, una Supercoppa Europea e tre Supercoppe italiane. Anche i tifosi dei blancos non possono dimenticarlo: al primo tentativo conquista la Liga. Per il bis si devono attendere dieci anni esatti, quando a sedere in panchina è ancora lui, ma farà in tempo a trionfare in Serie A altre tre volte.
Nel 2001 riuscì a riportare, dopo 18 anni di digiuno, lo Scudetto in casa della Roma. Oltre all’esperienza maturata nelle squadre di club, Capello ha avuto anche la possibilità di guidare le Nazionali dell’Inghilterra e della Russia.

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