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Un Nuovo Status Symbol: Lavorare Sempre, Lavorare Tanto

lavorare tanto status symbol

Per tutti coloro che tornano al solito trantran quotidiano dopo una pausa di riposo sorge spontanea una riflessione sulla direzione che sta prendendo il mondo del lavoro oggi.

Ogni anno, in molti Paesi del mondo, vengono organizzati eventi e manifestazioni in ricordo dell’impegno sociale svolto dai lavoratori per la conquista di maggiori diritti, in particolare la riduzione dell’orario di lavoro ad otto ore giornaliere.

Ma oggi la tendenza sembra essere un’altra…

lavorare tanto

 

 

Ecco quanto lavorano i manager di successo

“Chi dorme non piglia pesci”: un proverbio più azzeccato che mai per Marissa Mayer. La scorsa estate, l’amministratore delegato di Yahoo sconvolse l’opinione pubblica con la dichiarazione rilasciata al magazine Bloomberg:

“Il segreto della fortuna delle aziende è quello di avere dipendenti che si impegnano duramente. Si può arrivare a una media di 130 ore alla settimana.”

130 ore settimanali significa che un dipendente dovrebbe lavorare 16 ore al giorno. Un’inclinazione in forte contrasto rispetto alle battaglie condotte nell’ultimo secolo e mezzo.

 

Sembra però che Marissa Mayer non sia la sola a pensarla così.

Sergio Marchionne, colui che ha rilanciato la Fiat, dichiara di iniziare la giornata lavorativa alle 3.30, in piena notte, e di lavorare per ben 18 ore quotidiane. Secondo il Financial Times: “Sergio ha inventato un ottavo giorno”.

Invece Jeff Immelt, Ceo della General Eletric, dice di aver lavorato 100 ore a settimana per 24 anni consecutivi.

E ancora il presidente e amministratore delegato della Xeros, Ursula Burns, dichiara di svegliarsi alle 5.15 e di non uscire mai dal suo ufficio prima della mezzanotte.

Quindi, ecco il profilo dei manager di successo: lavorare tantissimo e, se si può, lavorare ancora di più. Da ciò il sillogismo è presto fatto: per avere successo nella vita bisogna lavorare molto e dormire molto poco.

 

 

Essere occupatissimi, il nuovo status symbol

Un recente studio pubblicato sul Journal of Consumer Reasearch e condotto da Silvia Bellezza, docente di Marketing alla Columbia Business School, ha rivelato la nascita di un nuovo status symbol.

La ricerca ha mostrato che, negli Stati Uniti, l’essere occupatissimi è indice di uno stato sociale elevato.
Ma essere occupatissimi a fare cosa?

 

Si potrebbe essere occupati da molti tipi di impegni – familiari o di svago – ma ciò che conduce all’affermazione sociale è la componente lavoro.

In una società in cui il lavoratore cambia molte volte occupazione nell’arco della vita e in cui la precarietà è considerata un vero e proprio problema sociale, essere occupati significa non essere inattivi e quindi avere un lavoro, delle opportunità e delle possibilità di successo.

Dallo studio emerge anche che, secondo l’opinione pubblica, le persone più impegnate svolgono le attività velocemente, spesso in contemporanea, e sono responsabili di incarichi rilevanti.

 

Multitasking_in_customer

 

In conclusione, dimostrare di lavorare tanto, velocemente e essere influenti: ecco il nuovo status symbol che si sta sempre più facendo strada nella nostra società.

Alla fine del suo rapporto, però, la docente della Columbia puntualizza che in Europa, dove la mobilità sociale è inferiore e la precarietà non così diffusa come negli USA, la disponibilità di tempo libero continua ad essere considerata il segnale maggiore di ricchezza e successo.

Ciononostante, negli ultimi anni anche in Italia abbiamo assistito ad un incremento della flessibilità lavorativa e della mobilità sociale, considerate ormai fenomeni positivi per il proprio successo professionale.

Rispetto al passato, l’attenzione si è spostata più sugli obiettivi, a discapito delle ore necessarie per raggiungerli.

 

Ci si guardi però dal considerare quest’approccio al pari di una formula per il successo professionale.

Alcuni, come i manager che abbiamo citato precedentemente, giungono a risultati migliori impegnando una considerevole quantità di tempo nel lavoro. Altri invece raggiungono lo stesso risultato focalizzandosi solo sulle cose essenziali. Uno degli esempi più lampanti è l’imprenditore inglese Richard Koch.

Seguendo la formula 80/20 – eliminare l’80% del superfluo perché solo il 20% di ciò che facciamo è strettamente necessario per raggiungere i risultati – Richard Koch ha fondato la Lek Consulting, la società di consulenza che ha raggiunto il maggior successo negli anni ’80, ed ha raggiunto una tale stabilità economica da poter ritirarsi dalla vita lavorativa a soli 40 anni. Un risultato eccezionale ottenuto focalizzandosi solo sull’essenziale e solo per il tempo strettamente necessario.

 

Quindi, come per ogni cosa, anche nel lavoro ognuno possiede una modalità operativa propria, in linea con una precisa visione teorica generale che tiene conto di più variabili – attitudini personali, tecniche di concentrazione, rendimento, ecc….

Voi quale approccio preferite?

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