Comunicare e comunicarsi sui social: intervista a Julius van de Laar, il digital strategist che ha curato le campagne di Obama

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Nati come “strumenti” di comunicazione prevalentemente personali, i social network non hanno tardato a trasformarsi in piattaforme in senso più ampio, in cui oltre alla connessione tra le persone, le aziende e i brand hanno iniziato a mettere in campo una grandissima quantità di azioni marketing e anche di innovazioni.

Dalle ormai “tradizionali” sponsorizzate, alle ultime frontiere dell’influencer marketing, oggi fare advertising sui social è praticamente indispensabile, nell’ambito B2C senza dubbio, ma anche in quello B2B. In alcuni casi, poi, con l’integrazione degli e-shop, i social non sono più soltanto spazi importanti per la visibilità del brand, ma veri e propri canali che hanno un ritorno diretto sul fatturato.

La grande necessità per le aziende, per i brand e per i professionisti, resta quella di sapersi comunicare e saper comunicare il proprio lavoro su questi canali, che sono numerosi e variano le proprie dinamiche con alta frequenza in base ad algoritmi che non è sempre facile riconoscere o interpretare correttamente. In attesa di approfondire alcuni punti chiave della comunicazione efficace sui social in occasione di un workshop pratico, ne abbiamo parlato con Julius van de Laar, digital strategist che è stato consulente in entrambe le campagne elettorali di Barack Obama. Docente alla Media University di Stoccarda e altri atenei europei, Julius van de Laar affianca organizzazioni internazionali come Amnesty International, Greenpeace e WWF nello sviluppo di strategie di comunicazione.

I social network si sono affermati prima come “strumento” di comunicazione personale, ma quasi subito sono diventati megafono e canale anche per la comunicazione politica, per campagne di interesse sociale e istituzionale e, naturalmente, anche per il marketing aziendale. Ma com’è cambiato l’uso dei social media negli ultimi anni?

Credo che i social media e il modo in cui vengono usati sia cambiato in maniera abbastanza significativa. Quando penso al marketing, alla comunicazione, alle campagne, all’uso dei social dei primi tempi, l’idea di fondo era “abbiamo un messaggio” e l’obiettivo principale era semplicemente diffonderlo. Ora le dinamiche sono cambiate.

Certo, si vuole ancora diffondere il messaggio, ma la maggior diffusione possibile non è tutto. Oggi ci si concentra tanto sulla divulgazione dei contenuti, quanto sul raccontare una storia in maniera più strutturata, toccando le corde giuste, facendo leva sulle emozioni, di modo che le persone si sentano coinvolte e reagiscano a quella storia.
In sostanza, ciò che è cambiato è il modo in cui le campagne, per essere efficaci, vanno a progettare il proprio messaggio, costruendolo su misura in base ai social media scelti. Comunicare attraverso i social non equivale più soltanto a “inviare” un messaggio. Ormai si tratta di ideare contenuti che contengono quel messaggio, crearli appositamente per i social e progettarli perché generino una reazione emotiva in chi li riceve.

Come abbiamo già ricordato, hai collaborato alle campagne di comunicazione che hanno avuto un ruolo molto importante per il duplice successo elettorale del Presidente Barack Obama. Quali sono le best practice che hai potuto mettere a punto e che, secondo te, sono applicabili nel marketing anche da aziende e professionisti?

Sono molte, credo, le pratiche che possiamo prendere dal contesto della comunicazione politica e delle campagne elettorali e applicarle, più in generale, in ambito marketing. Una best practice da prendere sicuramente in considerazione riguarda l’adozione di benchmark. In ogni campagna elettorale è molto evidente: si ha un obiettivo specifico, ovvero ottenere, nel giorno delle elezioni, più voti rispetto all’avversario. Si tratta di un dato chiaro e facilmente misurabile.
Nel business, quasi sempre manca questo “One-day sale”, raramente l’obiettivo di vendita o di fatturato si concentra in un solo giorno, e per questo si potrebbe pensare che le dinamiche siano diverse, ma in realtà non è così. Definire i reali obiettivi, individuare il target e il pubblico, la base clienti, gli stakeholder, e poi utilizzare canali diversi, messaggi diversi, su misura per quel pubblico specifico è una modalità che, a mio avviso, funziona se applicata nella comunicazione politica quanto nella comunicazione per il business.

Insomma, essere sui social è imprescindibile, ma così il mercato è diventato molto affollato. Qual è la strategia più efficace per emergere dalla massa?

È vero. È vero a livello individuale, a livello professionale, ma è vero anche per le campagne elettorali e per le aziende. La risposta alla domanda “Come essere unici quando si comunica sui social media?” è, a mio parere, che unici si diventa solo quando si è in grado di raccontare una storia. Capita a tutti, aziende, politici, persone, quel momento in cui ci diciamo “Questo è un momento fantastico, fammi scattare una foto!” Poi immortaliamo un prodotto, un momento, un’idea e postiamo la foto sui social: Facebook, Instagram, TikTok, o qualsiasi altro canale attraverso cui la vogliamo comunicare. Tutti lo facciamo, ma ciò che rende questo tipo di azione efficace è capire prima perché lo facciamo.

Perché da semplice “momento” si trasformi in reale comunicazione efficace occorre strutturare strategicamente una narrazione. Bisogna mettere le cose in prospettiva, raccontare da dove vieni e dove hai intenzione di andare; raccontare come questo “momento” che hai immortalato, questo prodotto di cui stai parlando, l’idea che stai trasmettendo possano rappresentare un passo in avanti verso un futuro migliore, o nel caso di un prodotto, una soluzione che aiuta a raggiungere un obiettivo.
Ripeto, non si tratta solo di parlare della cosa che sta accadendo nel momento specifico, ma di metterla in prospettiva, all’interno di un contesto. Si tratta di raccontare una storia: da dove si viene e dove si ha intenzione di arrivare.

Le persone saranno sempre attratte da qualcuno che è in grado di dire perché sta andando in una certa direzione o perché ha intenzione di andarci. E tenderanno a riconoscerti il merito di aver cercato di arrivare a un obiettivo, anche quando non riesci a raggiungere “la vetta” al primo tentativo. Tutti amiamo vedere chi prova a fare qualcosa di grande. Se un marketer, un politico, un imprenditore riesce a raccontare la storia del perché è così importante arrivare al livello successivo e mostrare lo scopo di quegli sforzi, credo che riuscirà sempre a interessare le persone.

Pensi che anche per manager, CEO e imprenditori sia importante lavorare sul personal brand nei canali social?

Dipende. Alcuni CEO, imprenditori, ma anche politici, dovrebbero assolutamente lavorare al loro brand “pubblico”. Altri invece, chi ha già una biografia così “popolare” in grado di attrarre automaticamente, potrebbero lavorare sul proprio brand come “persona privata”. Se pensiamo, ad esempio, a personalità come Steve Jobs, Elon Musk, Barack Obama, Arianna Huffington, è evidente quanto le persone abbiano voglia di conoscere chi sono oltre la figura pubblica.

Certamente, per un’azienda, il fatto di essere guidata da un CEO o un imprenditore in grado di costruire una storia ha un grande impatto sul marketing, a patto che, come sottolineavo prima, si tratti di una storia ben progettata, di prodotti coerenti e in grado di rispettare la promessa iniziale.

Un grave errore sarebbe lasciare che si generi una discrepanza tra personaggio interessante e stimolante, che però presta il volto a un prodotto banale o che manca di ambizione o dei valori che lo rispecchiano. Questi aspetti devono andare di pari passo. Lo trovo davvero fondamentale, specialmente nella fase di avviamento di un progetto o di una campagna. All’inizio le persone vogliono sapere perché stai facendo quello che stai facendo. E all’inizio spiegarlo è anche più facile, rispetto a cercare di vendere qualcosa. Credo che portare nel prodotto le ambizioni personali, le motivazioni, sia un punto su cui dovremmo focalizzarci di più.

Cosa ne pensi delle ultime presidenziali americane? Avresti fatto qualcosa di diverso?

Riguardo alla campagna elettorale del 2020, non cambierei niente. Joe Biden ha vinto, è stato il Presidente che ha ricevuto più voti in tutta la storia e credo che sia molto efficiente il fatto che abbia mostrato agli elettori di avere qualcosa in più rispetto al suo predecessore.

Penso che il Presidente Biden abbia guidato una campagna molto intelligente, forse non la più “ispirazionale” mai vista, ma – e questa è una cosa fondamentale – ha guidato la campagna elettorale più giusta in base al particolare momento. È stata una campagna elettorale autentica, ha rispecchiato valori e personalità del Presidente Biden e ha funzionato.

Quando impostiamo un obiettivo, ci sono molti modi diversi per raggiungerlo: non significa necessariamente che dobbiamo seguire un percorso predefinito. Al contrario, dobbiamo individuare quello più intelligente.

Qual è, secondo te, l’errore principale che le aziende commettono quando comunicano sui social network?

Aziende, politici, personaggi: tutti compiamo errori ogni giorno. Credo che l’errore principale sui social sia pensare che si possa impedire che gli errori accadano. Ci sarà sempre una foto migliore che avremmo potuto postare, una headline più d’impatto da pubblicare su Twitter, una caption più elegante su Instagram. Ma la cosa peggiore che si possa fare sui social network è non imparare dal passato. Dobbiamo guardare ciò che ha funzionato e cosa no. Uno dei grandissimi vantaggi che, lato marketing, ci danno gli spazi digitali è la presenza dei dati. Abbiamo i numeri, possiamo sapere cosa funziona e cosa no. Guardando a quei numeri possiamo sapere come migliorare ogni giorno. Non analizzare penso sia l’errore più grande che alcune persone o aziende continuano a fare sui social network.

Un aneddoto sul Presidente Obama?

Una delle più grandi doti del Presidente Obama come comunicatore è, secondo me, quella di essere in grado di trasformare una debolezza, o quella che poteva essere percepita come tale, in un punto di forza. E credo che questa sia una caratteristica di tutti i grandi leader di successo.
Quando, ad esempio, Barack Obama annunciò per la prima volta che si candidava come Presidente degli Stati Uniti, era un candidato interessante, ma pur sempre giovane, che si proponeva per la più alta carica del Paese nonché una delle più influenti al mondo. Erano in molti a pensare che non fosse ancora pronto, che non avesse l’esperienza necessaria per essere il leader del mondo libero. Barack Obama trasformò questa presunta debolezza in un punto di forza dicendo: “Potrei non avere la stessa esperienza di George W. Bush o di John McCain, ma guardate dove ci ha portati la loro esperienza. Ci hanno condotto alla guerra in Iraq, a una crisi economica senza eguali.” Ha riconosciuto che gli altri avevano in effetti un bagaglio di esperienza maggiore del suo, ma ha evidenziato che quel tipo di candidato non aveva la vision adatta per quel momento, mentre lui sì.

Comunicazione strategica e social network: il workshop online

Ringraziamo Julius van de Laar per questa interessante intervista e ricordiamo che il digital strategist sarà protagonista del workshop pratico online Comunicazione strategica e social network, che si svolgerà giovedì 17 giugno, in diretta streaming e che resterà disponibile on demand per i 30 giorni successivi.

Alcuni dei main topic che affronteremo con Julius van de Laar sono:

  • Come creare messaggi che muovono all’azione
  • Come acquisire un posizionamento, ampliando la fascia di pubblico e l’engagement
  • Come aumentare l’influenza sui social con l’aiuto dei big data.

Per conoscere il programma completo del workshop, scoprire gli altri appuntamenti della serie Marketing Workshop e iscriverti, puoi cliccare qui.

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