Scalare il business: quando e a che velocità farlo per crescere

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Scalare il business: in un precedente articolo abbiamo iniziato ad analizzare il modello scientifico di scalabilità messo a punto da Mark Roberge, docente di Vendite e Marketing presso la Harvard Business School ed ex VP Sales di HubSport. Questo modello, come abbiamo spiegato qui, è composto di 3 step principali, di cui il primo è il raggiungimento del Product-Market-Fit, ovvero quella fase in cui si arriva al prodotto o servizio in grado di soddisfare un mercato nello specifico. Fase fondamentale e preparatoria per scalare, per andare oltre però serve individuare un parametro predittivo. Si tratta di una metrica in grado di indicarci quando è possibile iniziare a scalare. Deve trattarsi, secondo il modello del docente, di un evento differenziante, ma anche concretamente misurabile, veloce da registrare e che permetta di accumulare dati. È la retention, la fidelizzazione, che può essere calcolata (qui approfondiremo come) mettendo in relazione la percentuale di clienti (P%) che realizza un certo evento (E) entro X giorni (T).

Step 2: il Go-to-Market-Fit, che cos’è e come raggiungerlo

Una volta misurata la retention, prima di iniziare lo scaling up è necessario comprendere se ciò che stiamo facendo oggi produce una buona economia, adatta a scalare. C’è spesso differenza, infatti, tra il raggiungimento del Product-Market-Fit e un buon piano d’azione che renda gli obiettivi prefissati concretamente raggiungibili. Anche per raggiungere e ottimizzare questa seconda ed essenziale fase del processo di scaling up, il Go-To-Market-Fit, Roberge individua alcuni indispensabili indicatori (che impareremo ad ottenere in occasione del prossimo workshop sulla scienza della scalabilità):

  • LTV, cioè il Lifetime Value del cliente
  • CAC, cioè il Costo di acquisizione del cliente
  • ACV, cioè il Valore del contratto annuale per cliente
  • GM%, cioè la Percentuale di margine lordo
  • SQL cioè i Sales Qualified Lead.

Scalare e calcolare il Go-To-Market-Fit

Mettendo in rapporto questi parametri che ogni business dovrebbe costantemente monitorare e conoscere, spiega il docente, è possibile ottenere ancora una volta una formula che ci indica se la nostra economia sta producendo risultati abbastanza adeguati da permetterci lo scaling up. Nello specifico, il Go-toMarket-Fit è raggiunto quando il rapporto tra Lifetime Value del cliente ed il Costo di acquisizione dello stesso è maggiore di 3

LTV/CAC > 3

Tutti questi dati, naturalmente, dovrebbero essere presenti all’interno di una dashboard, in cui indicatori visuali segnalino quali valori non dovrebbero essere oltrepassati, pena il non raggiungimento del Go-to-Market-Fit. Il forte vantaggio per imprenditori e manager e chiunque guidi il processo di crescita dell’azienda è quello di poter monitorare in tempo reale e rendersi conto immediatamente quando un valore si sta pericolosamente spostando fuori dal raggio d’azione consigliato.

Scalare troppo velocemente: gli errori più comuni

Scalare troppo velocemente, spiega l’esperto, è pericoloso almeno quanto non farlo. Il rischio concreto è quello di bruciare molte risorse che possono arrivare ad “uccidere” un’azienda. Tra gli errori più comuni in questo senso, ad esempio, c’è quello di aumentare troppo rapidamente la forza vendita, focalizzandosi sull’obiettivo, ma tralasciando tutte le importanti fasi intermedie di colloqui, onboarding, formazione.

Ma quindi a che velocità dobbiamo scalare?

Scalare è un’andatura, non un’azione una tantum, spiega Roberge. Non basta assumere personale e restare con le dita incrociate, sperando che i commerciali appena inseriti vendano di più. Servirà assicurarsi di generare abbastanza domanda perché questi possano farlo e questo deve diventare il vero “tachimetro” del business. “Scalare può anche distruggere il tachimetro, ma occorre aver ben in testa che tutto quello che vediamo nel conto economico è la conseguenza di ciò che abbiamo deciso 9 mesi fa”. Un ritmo suggerito da Roberge indica di iniziare assumendo un nuovo commerciale ogni mese per 4 mesi, per poi passare a 2, poi a 4. Quando si arriva ad assumerne 8 al mese significa che stiamo costruendo un cosiddetto unicorno in modo sano.

E “dove” dovremmo scalare?

Anche quando le cose ci sembrano andare bene, spiega Roberge, è necessario mantenere un forte focus su quali segmenti del nostro business stanno performando (e quali non abbastanza). Gli elementi da monitorare sono:

  • Prodotto (attuale e nuovo)
  • Mercato (Medio e Enterprise)
  • Canale (Diretto o tramite partner).

Ogni volta che, all’interno del nostro business, uno di questi fattori cambia, è necessario rivalutare le due fasi precedenti da capo. Ciò che è importante capire è esattamente dove il Product-Market-Fit e il Go-to-Market-Fit stanno performando di più. Riuscendo ad ottenere e analizzare i dati relativi alla tipologia di prodotto, di tipologia di mercato e di canale, diventa possibile identificare strategicamente se è il caso di scalare, di testare o di non fare nulla per quanto riguarda quel fattore specifico. E a quel punto è anche possibile diversificare e specializzare le attività team: una squadra si dedicherà allo scaling up, un’altra all’efficientamento delle altre aree.

Spesso le aziende, quando hanno un nuovo prodotto, concentrano tutta la forza vendita per spingerlo, a volte persino prima del lancio. È folle destinare tutta la forza vendita ad un prodotto che non è mai stato usato da nessun cliente, solo perché si è investito per svilupparlo. Uccide la produttività. Al contrario, è essenziale differenziare e avere un team che scala e uno che apprende e testa. E fare in modo che questi gruppi restino sempre inter-funzionali.

Leggi anche:

Scalabilità del business: il modello scientifico di Mark Roberge

Workshop – Scienza della scalabilità

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