I nuovi prospect sono più facili da convertire di quelli “vecchi”?

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Un nuovo lead ha compilato un modulo, ha richiesto delle informazioni, si è interessato a noi, al nostro servizio o prodotto attivamente. Certo, ha dimostrato il suo interesse, abbiamo catturato la sua attenzione. Ma è davvero più facile da convertire?
Tendiamo a credere di sì ma, sottolinea Anthony Iannarino, sales expert e docente di Professional Selling e Persuasive Marketing alla School of Management and Leadership della Capital University, non necessariamente un nuovo lead è più promettente di uno vecchio.

I nuovi lead sono “migliori” di quelli già acquisiti?

Credere che recente significhi migliore è un fenomeno comune: a causarlo è il recency bias, un pregiudizio che induce a preferire qualcosa di più recente a qualcosa di passato. Anche nelle vendite questo bias è attivo e, nello specifico, influenza il modo in cui valutiamo i lead.

Anche se un nuovo prospect ha compilato un form del sito, è improbabile che questo sia automaticamente migliore o più facile da convertire di un’opportunità più vecchia, spiega il sales expert. Può non essere più facile da convertire persino rispetto ad un potenziale cliente che è ancora legato ad un altro fornitore. Questo non cambia che sia buona prassi accelerare i tempi di risposta con i nuovi contatti (l’ideale sarebbe – stando alle più recenti ricerche – meno di un’ora). Questo, infatti, migliora le probabilità di ingaggiarli in un processo di vendita più rispondente ai loro ritmi. Eppure, non costituisce prova che i lead appena arrivati siano “migliori” di quelli di ieri.

Presumere che il nuovo contatto sia più motivato a cambiare e a farlo subito è una tentazione molto diffusa, che tende a farci dimenticare che va comunque attivato tutto il processo di vendita. Del resto, se un cliente fosse davvero pronto all’acquisto, perché “perdere” tempo con un venditore e allontanare la conclusione?

Perché cediamo al recency bias

Quando si tratta di una commodity, che si può acquistare con facilità, non c’è neppure bisogno di venditori. Basta un marketing efficace, che faccia approdare i potenziali clienti su una piattaforma e-commerce funzionale e facile da usare. Questa dinamica vale anche nel retail: una commessa può convincere la cliente ad acquistare un rimmel abbinato all’eyeliner, ma è stato il marketing a farla entrare in negozio. Le aziende con grande focus sul prodotto incontrano difficoltà proprio se “confondono” l’obiettivo del marketing con quello delle vendite, specialmente quando la crescita dipende dall’acquisizione di clienti di livello enterprise.

Il prospect non è mai pronto a comprare

Qual è dunque un “antidoto” al recency bias, che ci permetta di evitare valutazioni poco efficaci e agire nel modo più produttivo? Innanzitutto, suggerisce Iannarino, partire dal presupposto che ogni opportunità, a prescindere dal momento in cui la si ottiene, sia tutt’altro che un acquisto immediato. Il prospect non è mai pronto a comprare: per questo ha bisogno del tuo aiuto per procedere nel processo decisionale e completare la sua scelta. Del resto, l’idea che ogni opportunità sia un acquisto sicuro riduce il venditore a un addetto agli ordini, ruolo che oggi è affidato alla tecnologia.

Generare valore è la variabile chiave

Il prossimo lead non è meglio dell’ultimo arrivato: anzi, hanno tratti e sfide in comune. Entrambi ci hanno lanciato un segnale, ma hanno bisogno dell’aiuto di un professionista per completare il process o decisionale. Il fatto che il nuovo lead abbia dimostrato interesse non è garanzia che si trasformerà in acquisto più facilmente rispetto a un lead ottenuto da più tempo.

Non ha senso – conclude il sales expert – rinunciare a un’opportunità che ha bisogno di aiuto per concretizzarsi, per impegnarsi con un altro lead che avrà comunque bisogno di aiuto. Ha ancora meno senso abbandonare un’opportunità solo perché sembra difficile, per passare al lead successivo e poi abbandonarlo per lo stesso motivo.

Lead nuovi e vecchi rappresentano un’opportunità, ma solo se sappiamo facilitare il processo decisionale e far nascere certezza.  Fornire una conversazione di valore, insomma, è la vera variabile chiave della conversione.

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