Le parole giuste per un messaggio efficace
Lo sappiamo bene: facciamo ricorso alle parole in continuazione. Le usiamo per proporre prodotti e servizi, per comunicare con colleghi e capi, per interagire con la community. Ma mentre dedichiamo molto tempo a pensare ciò che vogliamo comunicare, tendiamo a dedicarne molto meno a selezionare le parole con cui vogliamo farlo. Invece, ne abbiamo già parlato in questo articolo, se usate strategicamente, le parole possono influenzare le decisioni d’acquisto. Ecco, in questo articolo gli ultimi 3 fattori del modello SPEACC, messo a punto dal professor Jonah Berger della Wharton University per comunicare in maniera più efficace e convincente. (Puoi rileggere i primi 3 in questo articolo).
4) Trasforma le azioni in identità
Che differenza c’è tra dire “puoi aiutare a…” e “puoi essere la persona che mi aiuta a…”?
Apparentemente nulla, entrambe le espressioni sembrano avere circa lo stesso significato. In realtà, la seconda ci dice di più: la stessa richiesta non è percepita come una semplice azione, ma come un’opportunità per adottare un’identità, quella di un aiutante.
“Quando vogliamo motivare gli altri a compiere un’azione, dobbiamo trasformare le azioni in identità”, osserva Jonah Berger – Marketing Professor alla Wharton University e uno tra i maggiori esperti internazionali di influenza e consumer behavior che ha sviluppato un vero e proprio toolkit per comunicare in maniera più persuasiva – poiché le persone tendono ad agire in base al modo in cui vogliono apparire. Un cambio di prospettiva, quindi, che incoraggia i clienti all’azione, sia essa la compilazione di un survey o di un clic nel sito.
Ma naturalmente, aggiunge Berger, non basta trasformare i verbi in sostantivi per costruire campagne di marketing efficaci che risuonino con la target audience. Servono altre accortezze. Una tra tutte riguarda l’uso del “tu” e della seconda persona singolare e i contesti più adeguati in cui adottarli.
Parla la loro lingua: l’importanza del contesto
I social media sono ormai pieni di contenuti e attirare l’attenzione degli utenti è diventato sempre più difficile. In questo scenario, la seconda persona singolare è particolarmente appropriata ed efficace per catturare l’interesse, perché rende il messaggio pertinente e trasmette ai follower la sensazione che qualcuno stia parlando direttamente con loro.
Ad esempio, un carosello intitolato “5 consigli per avere una pelle perfetta” non rende chiaro se il post sia rilevante per una specifica persona o meno. Aggiungendo la seconda persona singolare e trasformando il titolo in “5 cose che puoi fare per avere una pelle perfetta”, improvvisamente il post sembra molto più rilevante a livello personale.
Al contrario, rivela ancora un’analisi del Professor Berger, le pagine di customer care che hanno adottato il “tu” tendono a essere valutate come meno utili. In questi contesti, infatti, parlare direttamente può erroneamente comunicare all’utente che sta cercando di risolvere un problema che, in qualche modo, ne ha almeno in parte la responsabilità o, peggio, la colpa. “Se non riesci a far funzionare il computer”, ad esempio, suggerisce che se il pc non funziona è in qualche modo colpa del cliente, mentre “Se il computer non funziona” ci lascia pensare più facilmente che il malfunzionamento possa essere dovuto a un problema tecnico.
Capacità di agire e controllo
“Il linguaggio indica anche chi ha il controllo” e ciò è particolarmente evidente nell’uso delle espressioni che indicano la capacità o possibilità di agire (o meno) in una determinata situazione. Con parole molto simili, infatti, possiamo indicare scelte e decisioni prese consapevolmente, ma anche limiti imposti dall’esterno. Ad esempio, anziché dire “Non puoi permetterti di perdere questa offerta”, potremmo affermare “Non vuoi perdere questa opportunità”, spostando il focus dalla limitazione esterna del non potere, alla scelta personale del non volere, rafforzando enormemente la percezione della capacità di agire del cliente.
5) Trasmetti fiducia e sicurezza con le parole
Le parole che utilizziamo non solo trasmettono informazioni, ma anche il livello di fiducia nelle nostre affermazioni. In genere ciò si rispecchia nell’uso di un linguaggio chiaro, diretto e sicuro nelle campagne di advertising e nei contenuti. Per essere percepiti in modo positivo e sicuro, oltre che autorevole, sostituire a parole che suggeriscono incertezza – come “potrebbe” e “dovrebbe” – un linguaggio più definitivo – come “ovviamente”, “chiaramente” – diventa una necessità.
Per trasmettere sicurezza un fattore chiave, che spesso riceve poca attenzione, è il tempo verbale. La scelta del passato o del presente non è soltanto una questione di cronologia, bensì ha implicazioni significative sulla capacità persuasiva di un messaggio.
Ad esempio, dire “il prodotto ha funzionato bene” suggerisce che il prodotto è stato efficace quando è stato usato, dopodiché ha smesso di esserlo. Al contrario, “il prodotto funziona bene”, sottintende che il prodotto non solo ha funzionato bene prima, ma continua e continuerà a farlo. In questo senso, il passato può portare con sé un senso di soggettività e transitorietà, mentre il presente trasmette il senso di qualcosa di più stabile e duraturo. Di conseguenza, usare il presente amplifica l’efficacia del messaggio: l’utente percepisce che chi sta parlando non si limita a condividere un’opinione, ma esprime una verità.
Tuttavia, ci sono casi in cui anche esprimere incertezza può “aumentare la persuasione”, osserva Berger. Quando cerchiamo di influenzare le scelte dei clienti spesso pensiamo che sia meglio essere diretti e ci limitiamo a esporre i fatti. Ma non tutti vediamo i “fatti” allo stesso modo. In particolare, se qualcuno ha già una convinzione ben definita e noi lo raggiungiamo con un ragionamento razionale e un linguaggio diretto, questo potrebbe incoraggiarlo a non accogliere le informazioni che metterebbero in discussione la sua certezza. Ecco perché esprimere dubbi può aiutare. Mostrare un margine di possibilità può farci apparire meno minacciosi e più disposti ad ascoltare i bisogni e le esigenze degli altri. Riconoscere che i problemi sono più complessi di quel che sembra, inoltre, aumenta la possibilità che il messaggio venga accolto, gettando le basi di un rapporto di fiducia.
6) Usa un linguaggio concreto
Ognuno di noi desidera sentirsi ascoltato. Perché ciò accada, devono verificarsi tre condizioni. Primo: dobbiamo sentire che l’altra persona ha prestato attenzione a ciò che abbiamo detto. Secondo: dobbiamo sentire che l’altra persona ha capito ciò che abbiamo detto. E terzo, l’altra persona deve dimostrarci di aver ascoltato. È per questo che il linguaggio concreto è così efficace. Un operatore di customer care, ad esempio, potrebbe aver prestato attenzione e aver capito il problema, ma se non dà un segnale concreto di comprensione al cliente, lui non avrà modo di saperlo.
Per rendere il messaggio più semplice da comprendere, memorizzare e interiorizzare, usare un linguaggio concreto non è solo consigliato, ma essenziale. Ci si ricorda più facilmente di frasi che esprimono concetti concreti rispetto a concetti astratti. Ma in che modo si comunica “concretezza”? Secondo Berger bisogna concentrarsi sul come un prodotto soddisfi le esigenze dei consumatori e sul modo in cui va presentato. Si tratta di focalizzarci sulla fattibilità e di generare “descrizioni concrete”, con parole che evocano immagini vivide e verbi che si concentrano sulle azioni.
In altri contesti anche il linguaggio astratto può rivelarsi efficace: è il caso di quando vogliamo parlare del potenziale di un prodotto e generare desiderio. Il focus, in questo caso, è sul perché: perché la soluzione soddisfa le esigenze dei consumatori? E perché affronta un problema importante? “Pensare al perché qualcosa è buono o giusto incoraggia l’astrazione”, aggiunge Berger. Un cambio di prospettiva che aumenta la “desiderabilità”, oltre che a trasmettere autorevolezza e lungimiranza del brand stesso.
Dall’influenza alla scelta: nella mente del cliente
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