La metodologia di Vendita Inbound: Identifica e Connetti

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Il percorso del buyer dev’essere il centro propulsore di tutto il moderno processo di vendita.

Con queste parole si può riassumere uno dei principi base di quello che dovrebbe essere il moderno mindset nel mondo delle vendite. Dallo studio approfondito di come si svolge il processo di acquisto di un cliente e da un’analisi precisa di tutte le sue fasi, possiamo infatti estrapolare informazioni preziose per agire in maniera personalizzata, dunque più efficace.

In un articolo di alcuni giorni fa (clicca qui per leggerlo), abbiamo visto la mappatura del percorso del cliente che ha permesso a Mark Roberge, oggi docente di Vendite e Marketing ad Harvard ed ex VP Sales di HubSpot, di progettare e implementare in azienda quella che lui chiama una metodologia di vendita inbound, basata su 4 fasi principali: identifica, connetti, esplora, consiglia. Oggi vogliamo soffermarci sui primi due step di questa metodologia: l’identificazione e la connessione.

IL PROCESSO DI IDENTIFICAZIONE…

Come abbiamo visto è la primissima fase di qualsiasi relazione commerciale, una fase in cui, se adottiamo le metodologie più tradizionali, non siamo in grado di capire con certezza quali clienti si siano attivati e si stiano muovendo già all’interno del percorso di acquisto. Abitualmente, in questa situazione, si tende ad identificare i prospect da contattare per primi in base alle nostre percezioni, potremmo dire “di pancia”, senza poter fare affidamento su criteri di selezione fondati sull’oggettività dei dati.

La differenza tra prospect attivi e prospect passivi

È proprio in questo momento che sorge il primo ostacolo.
Lo abbiamo ripetuto e ne siamo tutti al corrente: complici le tecnologie, i media e una maggiore pervasività dell’informazione, non di rado capita che i potenziali clienti entrino in quello che Roberge chiama lo “stato di “consapevolezza” ancora prima di entrare a contatto diretto con un venditore. In altre parole, capita spesso che i potenziali clienti riconoscano da soli di avere un’esigenza o un bisogno e che si attivino autonomamente alla ricerca della soluzione che li soddisfi, senza passare per l’intermediazione di un venditore.

A differenza di quei prospect in cui è necessario risvegliare un bisogno latente o portare a galla il problema di cui noi possediamo la soluzione (prospect passivi), si tratta di potenziali clienti già consapevoli e attivi che se contattati per primi, possono portarci a una conclusione più rapida e soddisfacente.

La metodologia di vendita inbound consente appunto di differenziare prospect attivi e prospect passivi in modo da poter focalizzare in maniera bilanciata gli sforzi e il tempo del reparto commerciale in maniera ottimale e dirigerli in primis verso quei potenziali clienti che hanno “lasciato un segnale” della loro attivazione e sono dunque più “caldi”.

Quali sono i segnali? Potrebbero aver visitato il sito, completato un form, essersi iscritti alla newsletter, aver fatto click su un link inviato, scaricato del materiale. In questo caso la tecnologia non supporta più soltanto il cliente, ma viene in soccorso di chi vende.

Da lead a cliente ideale: azioni e priorità

La distinzione tra clienti attivi e clienti passivi è fondamentale, perché per individuare qual è il tuo target ideale, devi prima capire chi puoi aiutare con il tuo prodotto o servizio e chi no e dare così la giusta priorità.

Una volta individuato qual è il profilo di cliente che meglio è allineato con la tua offerta commerciale e al quale puoi vendere in maniera più specifica, per stabilire chi contattare per primo, usa questa scala di priorità:

  1. Lead Inbound. Sono gli utenti che hanno visitato il tuo sito, compilato un form, fornito i loro dati e fanno parte di un’azienda od organizzazione molto in linea con il profilo del tuo cliente ideale e si sono già attivati alla ricerca di una soluzione. Non è importante che il lead sia la persona fisica che finalizzerà l’acquisto, ciò che conta al momento è l’allineamento di interessi.
  2. Aziende Inbound. Si tratta di utenti anonimi che visitano il tuo sito e fanno parte di aziende od organizzazioni che ben si adattano al tuo profilo di cliente ideale. In questo caso, conosci il nome dell’azienda, ma non hai il recapito specifico del buyer. Attraverso i tool di CRM, cerca di identificare e di collegare aziende e persone.
  3. “Trigger”. Valuta gli utenti che ti hanno lasciato dei “segnali”. Ci sono azioni o eventi che indicano che un potenziale cliente è attivo nel percorso che lo porterà all’acquisto. Qualcuno ti ha menzionato su un social network? Ha menzionato un competitor? Monitora  l’uso degli hashtag o delle parole chiave che hanno a che fare con la tua offerta commerciale. Qualcuno ha scritto un post nel blog attinente al prodotto o servizio che vendi?
  4. Social selling. Dedica almeno alcune ore alla settimana alla pubblicazione e alla condivisione di contenuti interessanti, prendi parte a dibattiti e conversazioni online che possono essere rilevanti per te e per i tuoi potenziali clienti. In questo modo intercetti il tuo potenziale cliente ideale, ma non solo. Sviluppi e rafforzi l’autorevolezza del tuo brand agli occhi di chiunque partecipi alla stessa conversazione, aprendo nuove possibilità di contatto.
  5. Amici in comune. Sono quei prospect ancora passivi che però ben rappresentano il tuo profilo di cliente ideale a cui sei connesso grazie alle tue conoscenze professionali, alla amicizia, o tramite legami familiari.
  6. Prospect passivi. In ultima istanza, identifica i “prospect passivi”, ma solo quelli con alta compatibilità con il tuo cliente ideale.

 …E QUELLO DI CONNESSIONE.

Il secondo step del processo di vendita è tradizionalmente dedicato alle chiamate o alle mail “a freddo”. Si tratta appunto di tentativi “freddi”, alla stregua di presentazioni generiche del prodotto o servizio. Come ben sappiamo, il cliente contemporaneo non ha più bisogno di – e non vuole – ricevere informazioni in senso stretto, dunque il tempo e lo sforzo dedicati a quest’attività rischiano di essere sprecati.
Inoltre, in questa fase del percorso il prospect difficilmente è già pronto per una vera e propria presentazione: preferisce una conversazione con un esperto che possa aiutarlo a contestualizzare il proprio problema o esigenza.

Primo contatto: parola d’ordine “personalizzazione”

Il primo contatto con i prospect deve avvenire con un messaggio personalizzato e cucito sul loro contesto, che si tratti del loro ruolo, del settore in cui operano, dei loro interessi o delle amicizie e connessioni in comune. Il primo contatto, in pratica, consente già di presentare un’offerta in linea con lo “stato di conoscenza” del problema o esigenza in cui si trova il potenziale cliente. Ad esempio, potrebbe essere adeguato offrire un una piccola sessione di consulenza gratuita o un ebook sull’argomento d’interesse del buyer.

Questo può accadere se ci si prepara alla fase di “connessione” vera e propria, avendo definito i profili ideali.
Per riuscirci, segmenta il tuo mercato di riferimento in base al tipo di azienda, poi definisci con precisione le diverse tipologie di persone a cui rivolgersi all’interno delle suddette aziende. Per esempio, puoi segmentare le aziende da contattare secondo il settore, la dimensione o la posizione geografica. Poi puoi segmentare le persone specifiche secondo ruolo, titolo, funzione o comportamento.

Un esempio pratico

Per contestualizzare la metodologia, ecco un esempio messo a punto da Mark Roberge.
Prendiamo in esame il percorso d’acquisto di un’azienda fittizia, la Tyre Recruiting, un’impresa di 10 dipendenti e un CEO che si occupa di assistere altre aziende nella ricerca del personale commerciale. I suoi target sono principalmente aziende nel settore tecnologico e sanitario con un fatturato inferiore ai 100 milioni.

I recruiter che lavorano per la Tyre vanno alla ricerca di aziende che corrispondono al loro profilo di cliente ideale per convincerle a rivolgersi a loro per la ricerca di candidati alle vendite. Il CEO di Tyre ha deciso di basare il processo aziendale di acquisizione di nuovi clienti sulla metodologia di vendita inbound.

Ecco i sei profili ideali per Tyre:

  • Persona A: VP Vendite di un’azienda tecnologica
  • Persona B: Direttore delle Risorse Umane di un’azienda tecnologica
  • Persona C: CEO di un’azienda tecnologica
  • Persona D: VP Vendite in un’azienda del settore sanitario
  • Persona E: Direttore delle Risorse Umane in un’azienda del settore sanitario
  • Persona F: CEO in un’azienda del settore sanitario

Una volta definiti questi profili, è possibile stabilire la strategia e la sequenza delle azioni per ciascuna di esse. La sequenza determina:
– in che modo e con quale mezzo contatterai il potenziale buyer (telefono, email, social)
quando lo contatterai
la cadenza, ovvero quanto spesso avverranno le chiamate, invierai email o messaggi.

Infine, sviluppa il contenuto di ogni tentativo di contatto che fa parte della sequenza. La parola d’ordine è sempre personalizzazione: trova sempre un collegamento con il contesto del buyer che hai avuto modo di conoscere durante la fase di identificazione.

Ecco un esempio della sequenza che potrebbe essere utilizzata per la persona A:

Tentativo Mezzo Azione / Contenuto Prossimo tentativo tra
1A Chiamata Chiamata passiva #1 / Persona A 0 giorni
1B Email Email passiva #1 / Persona A 0 giorni
1C Social Se il cliente è su Twitter, segui e retwitta. 2 giorni
2A Chiamata Chiamata passiva #2 / Persona A 0 giorni
2B Email Email passiva #2 / Persona A 0 giorni
2C Social Se l’azienda ha un blog, iscriviti e commenta un articolo recente 3 giorni
3A Chiamata Chiamata passiva #3 / Persona A 0 giorni
3B Email Email passiva #3 / Persona A 0 giorni
3C Social Se il cliente risponde sui social, richiedi il contatto su LinkedIn 4 giorni
4A Chiamata Chiamata passiva #4 / Persona A 0 giorni
4B Email Email passiva #4 / Persona A 0 giorni
4C Social Se il cliente risponde sui social, richiedi il contatto su LinkedIn

Se sei interessato ai temi di negoziazione e vendita, lascia qui la tua mail!

 

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