Il Campaign Driven Model per far crescere l’impresa con il marketing

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Campaign Driven Model

Mettere i clienti al centro di tutte le strategie aziendali: è un proposito ideale di tutte le imprese, che non sempre si trasforma in operatività. È anche il cardine centrale su cui si sviluppa il Campaign Driven Model.

Che cos’è il Campaign Driven Model: 5 punti chiave

Il Campaign Driven Model è una strategia di marketing e, in senso più ampio, d’impresa, sviluppata, messa a punto e testata da Daniel Priestley, imprenditore seriale che ha fondato uno dei più grandi acceleratori di business al mondo, e che può consentire alle aziende di scalare con successo e agli imprenditori di distinguersi e crescere. Eccone 5 punti chiave.

  1. Pianifica le campagne per un modello di crescita snello e sostenibile

Spesso, nell’ansia e nella fretta di acquisire nuovi clienti, si può tendere a trascurare un fattore indispensabile e a perdere di vista la capacità di fornire un servizio di qualità. Un approccio di questo tipo, spesso ci mette di fronte a un bivio: l’esito di strategie troppo sbilanciate, infatti, è molto spesso il successo o il fallimento tout court. Un’impresa che adotta il Campaign Driven Model, al contrario, si focalizza sulla pianificazione della crescita: questo significa sviluppare una forza propulsiva sostenibile in base agli asset dell’azienda. Si tratta di una crescita studiata, che garantisce la possibilità di gestire in maniera ottimale i clienti che arrivano.

Acquisire troppi clienti rispetto alle potenzialità di gestione può comportare il rischio di trascurare gli standard di qualità, in favore della quantità. Il pericolo connesso è quello auto-sabotare il brand e la sua reputazione. La pianificazione della crescita va messa a punto, secondo il Campaign Driven Model, in funzione del tuo funnel di vendita, documentando i touchpoint necessari per trasformare un lead freddo in un lead caldo, un lead caldo in opportunità e poi in vendita. Per farlo è fondamentale comprendere e conoscere i tassi di conversione, il pubblico target e la capacità di servirlo: significa sapere a chi rivolgerti, quando lanciare le campagne e avere in mano tutte le KPI che ti permettono non solo di misurare, ma di massimizzare, i risultati.

  1. Il tuo valore è determinato dalla tua capacità di “deliziare”

Creare un prodotto premium significa rendere felice chi compra. Individuare qual è il prodotto premium giusto da mettere a punto è possibile attraverso un processo di reverse engineering, ossia osservando cosa di solito soddisfa pienamente chi assomiglia a te.

Mappare ogni touchpoint (ne abbiamo parlato in un precedente articolo), ogni chiamata, incontro, deadline, tutte le modalità in cui segui i tuoi clienti è ciò che ti dà tutte le indicazioni utili per comprendere il tuo valore. Capire quanti clienti puoi gestire garantendo la massima soddisfazione è inoltre fondamentale per migliorare il percorso d’acquisto del cliente, perché ti permette di progettarlo in modo da “deliziarne” ciascuno con un servizio eccellente. Tutto questo dà anche gli strumenti utili per dare un prezzo a quel servizio. Se stabilisci quanto vorresti guadagnare, suggerisce Daniel Priestley, e dividi questa cifra in base a quanti clienti puoi soddisfare pienamente, puoi identificare il valore e stabilire il prezzo che i clienti sono disposti a pagare. Il “Quanto vuoi guadagnare” deve trasformarsi in “Quante persone posso soddisfare”: solo a quel punto puoi elaborare un’offerta e stabilire un prezzo.

  1. Non esiste il mercato, esistono le persone

Spesso si rimane focalizzati sulla segmentazione del proprio mercato, dimenticando che vendiamo a persone, non a segmenti.
Si segmenta in base a criteri demografici, posizione geografica ed altri criteri “collettivi”, ma il rischio che si corre concentrandosi sui gruppi è quello di “trattare” i clienti in modo ripetitivo e indistinto. One size does not fit all, precisa Daniel Priestley: se le persone non sono tutte uguali, perché dovrebbero esserlo i nostri target? Che cosa attiva i nostri clienti? Quali sono i loro bisogni? Con queste domande occorre andare a definire un messaggio convincente che faccia appello ad esigenze condivise e sentite.

Siamo tutti incredibilmente diversi e questo – precisa Priestley – è il punto chiave: ognuno ha le proprie motivazioni, preoccupazioni, il proprio stile di vita, i propri interessi e questo cambia il modo in cui ognuno risponde ai messaggi di marketing. Ecco perché il lavoro da fare (e che molte aziende ancora non fanno) è approfondire questa complessità. Lo si può fare attraverso indagini, sondaggi, survey che andranno a supportare e verificare ipotesi, e a definire le customer personas. Così il messaggio che creerai diventerà convincente, parlerà in modo specifico ai clienti, stimolandone l’azione.

  1. Le persone comprano solo nelle giuste condizioni

Un cliente – spiega Priestley nel suo Campaign Driven Model – acquista solo quando:

  • È logico acquistare. Il cliente deve sentire che il suo acquisto è una scelta logica. È possibile influenzare questa percezione dimostrando quanto il prodotto risponda ad un suo bisogno reale. Per farlo può bastare veicolare il piacere che si ottiene dal prodotto, o magari può servire sofisticare il rapporto costo/beneficio. Dimostrando quanto il prodotto/servizio sia vantaggioso per il cliente in modo logico e pertinente, rendiamo possibile al cliente giustificare la sua decisione di effettuare l’acquisto. In sostanza, si tratta di aiutare il cliente a trovare la risposta immediata al quesito: perché ne hai bisogno?
  • C’è un legame emotivo col prodotto o servizio. Sul mercato esistono tante soluzioni che soddisfano lo stesso bisogno, perché il cliente dovrebbe scegliere la tua? Offrire una soluzione pratica non basta: occorre relazionarsi con i clienti a un livello più profondo, quello emotivo. Quali emozioni sono coinvolte nell’acquisto? Possiamo usarle come leva?
    Man mano che si avanza nel processo decisionale si potrebbe, ad esempio, aumentare la percezione di perdita, qualora non si completi l’acquisto. Basterà evidenziare le conseguenze negative del mancato acquisto o, in extremis, fare notare che danno causerebbe il non approfittare del beneficio, del rapporto costo/opportunità, che ora è invece così a portata di mano.
    Certo, la relazione con il cliente non può iniziare da emozioni come il dolore, ma a mano a mano che si muove nel processo d’acquisto, anche questo potrà svolgere un ruolo chiave. Si tende a spendere di più per risolvere problemi (dolori) che vengono percepiti come importanti. Quando siamo in grado di evidenziare che il potenziale del prodotto o servizio è quello di rispondere a bisogni urgenti ed evitare o mettere fine a dolori, possiamo persino superare le obiezioni relative ai rischi di adottare una novità.
  • C’è urgenza di comprare. È molto semplice: più tempo a disposizione, più tempo “sprecato”. È il postulato della Legge di Parkinson, secondo la quale abbiamo un’innata spinta a rimandare le decisioni. Creare un senso di urgenza combatte questa tendenza e genera le condizioni ideali per l’acquisto.
  1. Prima crea il tuo mercato e poi vendi

Com’è possibile misurare quanto il cliente sia interessato ad acquistare? Il Campaign Driven Model sottolinea che, se vogliamo conoscere la reale probabilità di completamento dei processi di acquisto, è necessario raccogliere segnali. Sono tanti quelli che possiamo individuare: un segno d’interesse più freddo può essere l’interazione con un post social, mentre il consumo di contenuti gratuiti o la partecipazione a un webinar sono cenni molto più preziosi. La richiesta di una consulenza gratuita è una vera e propria dichiarazione di intenti. Man mano che il cliente scende nel funnel di vendita, dimostra interesse crescente e sulla base di questo possiamo dedicare tempo in maniera specifica alla soddisfazione dei suoi bisogni. Se sta investendo tempo per indicarci interesse, significa che si sta trasformando in un prospect di grande valore.

Campaign driven model: il workshop

Workshop – Campaign driven model

 

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