Il settore della vendita al dettaglio ha subito tanti sconvolgimenti negli ultimi anni, a tal punto che i gruppi di stakeholder di questo ambito – clienti, fornitori, collaboratori e investitori – hanno cambiato radicalmente il loro comportamento d’acquisto e le loro aspettative, tutti nello stesso lasso di tempo.
La tempesta perfetta del retail
È una tempesta perfetta – così la definisce Philip Kotler, padre del marketing moderno – quella che ha colpito recentemente il retail. Negli Stati Uniti, ad esempio, i mall sono passati da 2.500 a 700 e il loro numero è destinato a diminuire. I negozi fisici non sono più essenziali ora che possiamo usufruire di servizi come Amazon e farci spedire direttamente a casa il prodotto. Tanto che “lo shopping al dettaglio sta diventando più un costo che un piacere”, aggiunge l’esperto. Soprattutto nell’ultimo periodo, una parte enorme della popolazione mondiale, compresi segmenti anagrafici non abituati a comprare online, ha effettuato i ordini tramite un sito web. Anche loro “sono stati costretti a familiarizzare con questa tecnologia che oramai è diventata la normalità”, osserva Giuseppe Stigliano, esperto di customer journey e business innovation, oltre che coautore con Philip Kotler di tre bestseller sul marketing.
Una nuova tipologia di cliente: zero consumers
Se prima la scoperta di nuovi prodotti era appannaggio totale del negozio fisico, oggi gli acquisti sono frutto di una experience che attraversa più canali, in cui chi compra esprime un basso tasso di fidelizzazione, si aspetta spedizioni veloci e prodotti sostenibili. Ci troviamo di fronte a una nuova tipologia di cliente che una ricerca di McKinsey & Company, società internazionale di consulenza manageriale chiama zero consumers.
Zero confini tra il digitale e il fisico
Il nuovo consumatore si aspetta un’esperienza phygital completa, ovvero desidera che le offerte fisiche e digitali siano coerenti e continuative. Se prima andare nei negozi era uno dei modi principali attraverso cui il cliente entrava in contatto con nuovi prodotti, oggi il customer journey è più frammentato. Quasi la metà dei consumatori – e circa il 70% dei consumatori Millennial e Gen Z– prendono spunto per lo shopping dai social media, da celebrità e influencer e da articoli di blog. I loro acquisti, ora, avvengono in una multicanalità che riguarda persino i generi alimentari, fino a pochi anni fa strettamente legati al negozio fisico.
Zero vie di mezzo
La propensione ad acquistare prodotti a un prezzo medio si è notevolmente abbassata in favore sia del low price, sia di un prezzo esponenzialmente più alto. Come evidenziato in un’altra ricerca di McKinsey, ad aprile 2023 l’80% degli statunitensi ha dichiarato di preferire opzioni a prezzo inferiore. Allo stesso tempo, recenti sondaggi della stessa società hanno individuato che circa il 40% dei consumatori europei e statunitensi ha dichiarato di voler spendere molto, soprattutto in ristoranti, viaggi e abbigliamento.
Zero brand loyalty e zero pazienza
Con gli zero consumer la brand loyalty è più difficile da conquistare. In mancanza di offerte veramente differenziate ed esclusive, con un’esponenziale pluralità di opzioni offerta dall’online, gli utenti tendono sempre di più a rivolgere l’attenzione a nuove aziende, per poi continuare a cambiare, ad ogni nuovo acquisto. La fedeltà, quindi, è quasi un “lusso”. Inoltre, sono anche molto meno disposti ad aspettare. La velocità di consegna di Amazon e la possibilità di comprare online e ritirare in negozio hanno alzato le aspettative, portando a tre giorni il tempo massimo tollerato per l’attesa di una spedizione.
Sostenibilità come fattore di acquisto: Zero Net
Come abbiamo visto in questo articolo, il crescente desiderio di rendere il mondo un luogo più etico, rigenerativo ed equo influenza anche le decisioni di acquisto. Una recente analisi di McKinsey e NielsenQI – società leader a livello mondiale di consumer intelligence, ha rivelato che i prodotti che riportano dichiarazioni relative alla sostenibilità hanno registrato, negli ultimi cinque anni, una crescita cumulativa media del 28% rispetto al 20% dei prodotti che non lo fanno.
I retailer della nuova generazione
Più che di un’evoluzione si tratta di una trasformazione esponenziale, nella quale si realizza il paradosso della scelta e in cui gli influencer sono diventati i nuovi retailer. Questi ultimi, infatti, curano una selezione di prodotti che offrono poi ai loro follower, selezione che fino a qualche anno fa era a cura di chi lavorava nei negozi fisici. Ciò accade anche perché il cliente è innanzitutto un utente e quindi può acquistare qualsiasi cosa, in ogni momento e a prescindere da dove si trovi il venditore. Ci troviamo di fronte a un quadro complesso dove è molto difficile costruire degli standard validi per tutti.
A complicare questo scenario, si aggiunge il fatto che dal negozio fisico siamo passati prima all’omnichannel e ora ci stiamo muovendo verso l’optichannel: una dimensione nella quale la sfida è fare in modo che il consumatore, invece di girare all’infinito in tutti i canali a disposizione, trovi facilmente il modo migliore per soddisfare i suoi bisogni.
Multichannel vs Optichannel
Con la multicanalità le aziende hanno cercato di mettere a disposizione del cliente un’ampia disponibilità di touchpoint, sia di comunicazione sia di vendita. Un focus sulla quantità che, in alcuni casi, può anche generare degli attriti tra i vari canali. Ad esempio, potrebbe accadere che il call center di un’azienda, che spesso è un fornitore terzo, confermi la disponibilità di un prodotto in negozio, e che recandosi al punto vendita, il cliente non lo trovi, generando, così, incongruenza e insoddisfazione.
Si è imposta quindi la necessità di costruire i canali intorno al consumatore, con una logica di totale integrazione e senza frizioni. E di farlo non più seguendo la logica della quantità, antieconomica e dispersiva, quanto selezionando i canali più rilevanti rispetto ad alcuni aspetti, come l’ area geografica, la relazione con il brand o le caratteristiche di prodotto. È la strategia optichannel, che sposta focus dalla quantità (multi) all’ottimizzazione (opti) dei canali disponibili, anche per aumentare la propensione al webrooming, ovvero la pratica sempre più comune per cui l’utente sviluppa un’idea di ciò che vuole navigando online, poi si rivolge al negozio fisico per toccare il prodotto con mano. “Il cliente ha ancora bisogno di un’esperienza del passato”, osserva Stigliano, eppure, quando visita il negozio, conosce già ogni dettaglio del prodotto, a volte anche meglio dei venditori con cui interagisce, proprio perché ha trascorso molto tempo nel web a cercare informazioni.
Per ottimizzare i canali occorre sapere esattamente cosa fanno i clienti e orientare tutto, in primis il budget del paid advertising, in quella direzione, in modo tale da essere in sintonia con il comportamento del consumatore.
Allineare brand e strategie nell’era Onlife al Marketing Forum
Dimensione fisica, acquisto digitale, esperienza virtuale: approfondiremo questi argomenti al Marketing Forum insieme a Giuseppe Stigliano, coautore con Philip Kotler di tre bestseller sul marketing tradotti in diverse lingue, esperto di customer journey e business innovation, e oggi CEO di Global Spring Studios, che nel corso della sua ventennale carriera nel settore del marketing e della comunicazione è stato CEO di Wunderman Thompson Italy, Executive Director Europe in AKQA e ha ricoperto per 9 anni ruoli dirigenziali in WPP.
Per scoprire l’agenda completa e tutti i relatori che parteciperanno al grande evento dedicato al marketing strategico, clicca qui!