Vendita: come assumere un ruolo di guida nel percorso d’acquisto

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Sentiamo dire di frequente che i clienti sono sempre più autonomi nelle proprie scelte. Che si tratti di un prodotto o di un servizio, le possibilità di acquistare in autonomia si sono moltiplicate nel corso degli ultimi anni. Nei mesi più recenti, poi, è innegabile che la pandemia abbia accelerato questo cambiamento.

Ma c’è un rovescio della medaglia: scelte e possibilità virtualmente infinite smettono di essere un vantaggio per prospect e clienti quando, invece di ampliare le opportunità, creano confusione.
Insomma, avere tantissime opzioni tra cui scegliere può (discutibilmente) essere un fatto positivo quando si hanno le idee chiare o si conoscono in maniera ultraspecifica le proprie esigenze. Ma è sempre così?

I clienti sanno davvero cosa stanno cercando?

Uno dei più grandi malintesi di sempre nel mondo della vendita – spiega David Priemer, già Vice President of Sales in Salesforce e attualmente uno dei maggiori esperti internazionali di vendita – è che i clienti sappiano esattamente cosa stanno cercando.

“Se nel 2013 fossi andato da un cliente e gli avessi detto: «Vorresti un cilindro nero delle dimensioni di un tubo di Pringles, sempre acceso nella tua cucina, con cui poter parlare e a cui fare domande, in grado anche di accenderti le luci e di riprodurre canzoni?» Vi garantisco che avrebbero fatto una faccia strana e risposto: “No, grazie.»” scriveva Jeff Bezos, fondatore di Amazon, in una lettera del 2019 ai suoi stakeholder.

La verità è che i clienti non hanno sempre una visione chiara del problema che stanno cercando di risolvere e tantomeno della varietà delle soluzioni che potrebbero risolverlo. Ciò significa che creare consapevolezza sulle soluzioni che proponiamo è fondamentale per attirare la loro attenzione. E successivamente è altrettanto importante la capacità di plasmare il percorso, le esigenze e i requisiti dei clienti in modo che si intersechino con la nostra soluzione.

Il paradosso della scelta: più opzioni, meno vendite

Da anni sono numerosissime le ricerche condotte dalle scienze comportamentali per indagare le dinamiche decisionali dei consumatori. Nello specifico, Priemer ricorda uno studio portato avanti dalla Columbia e dalla Stanford University per misurare l’impatto che la possibilità di scelta, più o meno vasta, esercita sul processo decisionale. Nel contesto di questo esperimento, all’interno di un supermercato, i ricercatori hanno allestito un’esposizione di marmellate gourmet, tutte prodotte dallo stesso brand, da far assaggiare ai clienti.

Per misurare come la possibilità di scelta a disposizione influenzasse la decisione, gli studiosi hanno variato il numero di gusti in esposizione. Se in un dato momento ce n’erano solo 6, in un altro il cliente che passava ne vedeva esposti sul banco ben 24. Risultato: solo il 3% dei clienti che avevano visto 24 alternative ha di fatto acquistato una marmellata, mentre tra coloro che ne avevano viste esposte solo 6 la percentuale di acquisto è balzata al 30%.

Per convenzione, insomma, siamo portati a pensare che una maggiore scelta possa portare più acquisti. La verità è che una scelta troppo ampia può confondere i clienti, inducendoli a disimpegnarsi dal processo di valutazione, arrivando a quella “non decisione” che i venditori conoscono fin troppo bene.

Dalla vendita reattiva a quella “prescrittiva”

È ancora una ricerca, stavolta di Gartner, a confermare quanto sia importante assumere un approccio di vendita improntato alla guida o, come la definisce Priemer, “prescrittivo”. Lo studio ha dimostrato che quando si impone l’onere della scelta al cliente e lo si lascia da solo ad affrontare i fornitori con domande e richieste, diminuiscono facilità e inclinazione all’acquisto. Questa metodologia di vendita, detta reattiva, abbassa le probabilità di chiusura. Inoltre, anche quando la decisione viene presa, genera disagio e insicurezza nei confronti della stessa. In sostanza, il cliente inizia a dubitare di aver fatto la scelta giusta.

Fare strada al cliente nel mare dell’indifferenziato

Condurre il cliente fuori dal mare delle possibilità, precisa Priemer, non solo è una best practice sul piano etico-professionale, ma è premiata dai risultati. Quando si assume un approccio di guida, infatti, la certezza del buyer nei confronti all’acquisto cresce dell’86%. La sensazione di dubbio o pentimento post-acquisto, al contrario, si riduce al 37%.

La differenza nell’esperienza d’acquisto, inoltre, parla chiaro. Basta mettersi nei panni del cliente e immaginare di poter evitare ore di ricerche online, incontrando un buon consulente che in poco tempo sa offrirci una breve lista di opzioni che fanno al caso nostro.

Convinzione ed esperienza d’acquisto: un modello scientifico

Ciò che il cliente apprezza in questi casi, spiega Priemer, è la professionalità del consulente, certo. Ma ciò che davvero ci fa procedere all’acquisto è un’esperienza priva di attrito che produce la convinzione di aver fatto la scelta giusta. In questo senso, la “convinzione” non è una banale leva motivazionale, ma un fattore scientifico. E come tale possiamo ottenerlo attraverso la costruzione di un processo di vendita che genera consapevolezza, fornendo insight precisi, mirati, chiari. Quegli insight che, dice Priemer, “prendono il futuro, lo portano al cliente e lo rendono facile da acquistare”.

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