Se eliminassimo ogni elemento di branding all’infuori del tone of voice, saremmo ancora riconoscibili? La risposta, spesso, è “probabilmente no”.
Spesso tendiamo a concentrare tutti gli sforzi sugli elementi dell’identità visiva del brand come logo, palette colori, font, trascurando un aspetto che invece è davvero importante e strategico, ossia il modo in cui decidiamo di parlare con il nostro pubblico.
Secondo Ann Handley, punto di riferimento internazionale nel campo del content marketing, definita da IBM una delle 7 persone al mondo che stanno rimodellando il marketing moderno, “è uno degli errori più grandi che si possa commettere in termini di branding, perché il tone of voice non è solo una questione di grammatica: è l’impressione che vogliamo lasciare sui clienti”.
Non si tratta tanto di cosa comunichiamo, ma di come lo facciamo. E questo “come” riflette la personalità e il carattere dell’azienda, che si traduce nelle parole usate per raccontare in modo chiaro chi è, cosa rappresenta e quali valori promuove. Inoltre, se ben realizzata, la “voce” agisce anche come un filtro naturale: attrae le persone giuste e scoraggia chi non ne condivide la visione.
Abbiamo raccolto 4 best practice individuate da Ann Handley. Potrai approfondire qui le prime due, le successive saranno esplorate nel prossimo articolo.
Sai chi è veramente il brand?
Il primo passo è capire chi è il brand.
Sembra scontato, ma sapere chi è il brand e capirlo sono due cose differenti. Per farlo, è importante porsi alcune domande: cosa rende unica la nostra attività? Cosa hanno di speciale i servizi che proponiamo? Com’è la corporate culture? Come vogliamo essere considerati dai clienti e dalla nostra community?
Trovare le risposte ci consente di avere un quadro chiaro e preciso di ciò che l’azienda è. Pertanto, fare “un brainstorming sulle quattro caratteristiche che meglio descrivono il brand”, come suggerisce l’esperta, diventa un processo veloce ed efficace. Per farlo è utile partire dalle quattro dimensioni principali del tone of voice delineate dal gruppo di ricerca e consulenza Nielsen Norman Group:
1. Divertente vs. serio: il brand cerca di essere divertente? Oppure vuole comunicare in modo più diretto e serio?
2. Formale vs. informale: il brand è una fonte affidabile di spunti di riflessione di alto livello? Oppure è più un punto di riferimento per consigli pratici che vengono dati come a un amico?
3. Rispettoso vs. irriverente: la comunicazione avviene in modo cortese e rispettoso? O è un po’ impertinente, vivace e bizzarra?
4. Entusiasta vs. pragmatico: iniziamo un’email con frasi emozionali, come “Sono super felice di scriverti!”, oppure andiamo dritti al sodo?
Comprendendo a quale estremità della scala ci troviamo per ciascuna dimensione, sarà facile trovare i quattro aggettivi che definiscono il brand e, di conseguenza, il modo adatto di comunicare.
Di certo non basta orientarsi tra i vari poli, è importante evitare di commettere alcuni errori, quali:
• Scegliere parole come “amichevole”, “affidabile” o “onesto”, in quanto sono caratteristiche che tutte le aziende dovrebbero avere a prescindere.
• Usare terminologie complesse: mantenere uno stile semplice e chiaro è la strategia migliore.
• Ricorrere a parole astratte e di ampio significato, come “avanguardia”, “rivoluzionario”, “proattivo”. Individuare, invece, aggettivi specifici e concreti rende immediato chi siamo e come vogliamo essere percepiti.
Dall’aggettivo al contesto
Che cosa si intende se uno dei valori distintivi del brand è “creativo”? Siamo creativi nel proporre soluzioni? Oppure la nostra creatività aiuta i clienti a sopperire ai loro bisogni?
Gli aggettivi, presi da soli, hanno un significato astratto: possono voler dire tutto e niente. Per rendere queste caratteristiche concrete e maggiormente comprensibili, è utile aggiungere una frase che le contestualizzi, così da rendere evidente a chiunque quale sia la direzione che il tone of voice deve intraprendere.
L’esempio che fa Handley è quello di MarketingProfs, una delle più importanti piattaforme di education che forma marketer, team e grandi aziende di tutto il mondo e di cui lei è Chief Content Officer.
Così spiega i 4 elementi distintivi che la delineano:
• Divertente, perché l’intenzione che ci si pone all’interno della community è di far sorridere le persone quando leggono le loro risorse,
• Accessibile, in quanto si tratta di una piattaforma che ha come promessa quella di consentire ai professionisti del settore di comprendere concetti complessi.
• Empatico: sono marketer che parlano ai marketer, di conseguenza capiscono le frustrazioni e le ambizioni di ciascuno, così come i tecnicismi e le esigenze più attuali nell’ambito marketing.
• Intelligente: è un dato di fatto espresso in modo accessibile.
Nonostante sembri soltanto un semplice elenco puntato, in realtà si tratta del filo rosso che lega l’intera comunicazione della piattaforma – dal sito alla newsletter – e funge da linea guida, chiara ed immediata, per chi si interfaccia con MarketingProfs.
Per costruire un tone of voice efficace e in linea con il brand, non perdere l’articolo sulle ultime best practice individuate da Ann Handley.
Distinguersi nel rumore digitale: Ann Handley al Marketing Forum
Oggi tutti scrivono, ma pochi sanno comunicare veramente. Per emergere nel web, sovraffolato di contenuti, trovare e amplificare la voce autentica del brand è fondamentale per catturare l’attenzione e la fidelizzazione degli utenti.
Al Marketing Forum, approfondiremo le migliori strategie di linguaggio e brand identity insieme ad Ann Handley, autorità assoluta in tema di content marketing, che è considerata da Forbes una delle donne più influenti nell’ambito dei social media e figura tra le Top Voices su LinkedIn. Autrice di diversi bestseller, tra cui Everybody Writes e Content Rules, i suoi contributi compaiono regolarmente su riviste internazionali come Entrepreneur, Inc. Magazine, Huffington Post e Wall Street Journal.
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