Comprendere il comportamento dei consumatori è una stella polare intorno a cui organizzare qualsiasi strategia di marketing. Conoscere cosa desidera e come sceglie chi acquista ci offre, infatti, gli insight indispensabili per soddisfare i suoi bisogni e per farlo nel modo più efficace, attraverso i canali e le modalità che preferisce, determinando così il successo del nostro prodotto o servizio.
Di studiare i processi inconsci, neurologici e psicologici che stanno alla base del comportamento d’acquisto si occupa da anni il neuromarketing, avvalendosi tra le altre cose delle competenze delle scienze comportamentali e delle neuroscienze.
Dai primi studi alle più recenti ricerche che sfruttano le enormi capacità di elaborazione delle intelligenze artificiali, sono numerosissimi gli studi che individuano tutti i bias e i condizionamenti che influenzano le nostre scelte d’acquisto. Bias che è possibile, come abbiamo approfondito in un precedente articolo, utilizzare come leva per aumentare l’efficacia delle campagne e differenziare il brand.
Ma le scelte d’acquisto si formano in maniera sempre più complessa e subiscono l’azione di condizionamenti che non sono più solo del mondo fisico, né esclusivamente del mondo virtuale. Ciò che ci condiziona online può spingerci ad acquistare nel mondo fisico e viceversa, come sempre più spesso accade soprattutto per le commodity e per i servizi.
Customer trends: come ci comportiamo online?
Il comportamento d’acquisto è un continuum: stimoli esterni, motivazioni interne, contrazioni globali nell’economia, eventi mondiali sono tutti fattori che impattano tanto sul nostro comportamento nel mondo fisico quanto su quello che teniamo quando siamo e compriamo online. Ma ci sono alcuni dati che ci aiutano a inquadrare meglio le principali tendenze.
Stando ai dati raccolti da ShippyPro, piattaforma di spedizioni e-commerce, la quasi totalità delle persone in Italia (82%), ad esempio, utilizza internet, vale a dire 49 milioni di persone. Di queste, il 59% (28 milioni circa) non solo decide, ma acquista online, generando 31,5 miliardi di euro di vendite. E la composizione demografica di chi acquista online si amplia sempre di più, tanto che la percentuale di persone in età 16-24 è dell’80%, un solo punto percentuale in più della fascia 25-54 (79%).
La costante ascesa del mobile è confermata dagli insight di Semrush, che rileva come dal 2021, la percentuale degli utenti che decidono e acquistano online da telefono abbia subito un costante aumento rispetto all’esperienza desktop.
Decisioni sempre più social
Anche il peso dei social media all’interno del mercato, digitale e non, è sempre maggiore: nel suo report State of Consumer Trend, HubSpot li definisce già “il futuro del marketing”, rilevando sia la crescita del “social shopping”, ovvero dell’acquisto tramite social network, sia quanto grande stia diventando l’impatto dell’influencer marketing sulle decisioni d’acquisto, un impatto che è anagraficamente sempre più distribuito su tutte le fasce d’età. Gli utenti scoprono nuovi prodotti attraverso i social media, li acquistano, e il customer service trova nei messaggi privati una piattaforma per fornire un’esperienza di assistenza personalizzata e capillare. Persino le ricerche di prodotti (e non solo) stanno iniziando a spostarsi dai classici search engine (che restano ancora dominanti) ai social network stessi: ancora secondo HubSpot, il 31% dei consumatori si rivolgono alla barra di ricerca dei social. Nel complesso, il social commerce che nel 2022 aveva un valore di 992 miliardi di dollari a livello globale, secondo le previsioni raggiungerà entro il 2026 i 2,9 trilioni di dollari.
Web psychology: cosa ci fa cliccare?
Insomma, la decisione e l’acquisto oggi sono inseriti in un’esperienza estremamente complessa e composita: per entrare nel vivo delle sue dinamiche e per ottimizzarla, la disciplina della Web Psychology – introdotta nel 2011 dalla ricercatrice e consulente sui temi del consumer behavior Nathalie Nahai – si concentra sull’analisi dei fattori psicologici che regolano il comportamento degli utenti online, per decodificare come, al pari dei bias comportamentali, queste variabili influenzino le decisioni degli utenti.
Comprendere come alcuni fattori subconsci determinano i nostri comportamenti online, infatti, ci rende in grado di usarli per progettare strategie, piattaforme e contenuti che ottimizzano i processi di acquisizione e conversione di nuovi lead. Ma non solo: la presenza online e sui social contribuisce in maniera importante alla formazione e al consolidamento di un’immagine del brand. Esserci in modo significativo per i target di riferimento significa incrementare l’engagement del pubblico, rafforzare la brand identity, competere in modo più efficace in un mercato affollato.
Customer trend: i 3 core need che il marketing deve soddisfare
Secondo gli studi nati nell’ambito della Web Psychology sono tre i core need, i bisogni più essenziali, da conoscere per poter decodificare cosa davvero muove persone, utenti e clienti online: connessione, autonomia, competenza. Si tratta di bisogni psicologici universali: “li ritroviamo in diverse culture, epoche storiche, in persone di fasce di età diversa” – spiega Nahai. “Appagare questi bisogni in modo continuativo”, – continua l’esperta – “consegna un senso di integrità più profondo e permette di raggiungere un senso di realizzazione e di scopo superiore piuttosto che soddisfare semplicemente le esigenze a breve termine.”
Autonomia: tutti vogliamo scegliere liberamente
L’autonomia descrive il bisogno umano di vivere in modo autentico e non forzato. Ha a che fare con la teoria dell’autodeterminazione, ovvero l’importanza, per ciascuno di noi, di percepire che ogni nostra scelta è operata in modo libero. Ognuno di noi preferisce stare al posto di guida e sentire di aver piena volontà sui propri comportamenti, “avere un senso di agency ed essere in grado di controllare il proprio ambiente in una certa misura”.
Grande attenzione, allora, occorre fare – ad esempio – sugli annunci personalizzati: se non sufficientemente mirati, spiega Nahai, possono turbare questo senso di autonomia, ha spiegato l’autrice. Per approfondire, la studiosa racconta l’esperienza che ha vissuto in prima persona con una sponsorizzata di un brand di moda. Senza aver mai interagito con il brand, né fisicamente, né online – racconta – ha ricevuto un annuncio personalizzato che sponsorizzava una fragranza maschile, senza la possibilità di chiuderlo. “Tutto ciò mi ha messo nella condizione di non avere più il controllo, di sapere che qualcuno aveva preso i miei dati senza il mio consenso e che li stava usando contro la mia volontà”.
Una strada totalmente differente e più efficace è quella intrapresa da un brand Bloom & Wild che ha inviato, in vista della Festa della Mamma, un’occasione potenzialmente delicata a livello emotivo, una mail a tutto il suo database per dare la possibilità a quanti lo desiderassero di essere esclusi dai messaggi che avrebbero inviato nei giorni successivi in occasione della ricorrenza. Un gesto semplice, che ha ascoltato il bisogno di autonomia dei suoi utenti, incrementato la loyalty dei clienti e stretto la connessione tra il brand e la sua community.
Competenza: un approccio unico non basta
Il bisogno di competenza riguarda il desiderio che tutti abbiamo di essere efficaci e capaci di raggiungere gli obiettivi che ci stanno a cuore come individui. “Se forniamo alle persone abilità e competenze necessarie per raggiungere i loro obiettivi, incrementiamo la loro motivazione intrinseca a impegnarsi in quell’attività”, spiega Nahai. In questo modo la relazione con il brand diventa interessante, invitante e stimolante.
Per un brand, questo significa non dare mai per scontato che il proprio pubblico sia indifferenziato e che abbia lo stesso tipo di abilità e competenze, innanzitutto. Una considerazione che deve tradursi in più opzioni e approcci personalizzati.
Invece di vendere online attraverso un sito generico, come Amazon ad esempio, potrebbe essere più efficace prevedere una piattaforma che consente più opzioni. O ancora potrebbe essere molto efficace “incontrare” clienti e potenziali clienti sulla piattaforma in cui loro preferiscono stare, si tratti di TikTok o di Instagram. Ancora, per soddisfare il bisogno di competenza una strada efficace è la progettazione e lo sviluppo di esperienze di valore: che siano tecnologiche o emotive, si tratta di creare momenti che aiutino le persone nel raggiungimento dei loro obiettivi.
In questo senso Nahai cita il brand di occhiali Warby Parker e la sua app che consente ai clienti di provare virtualmente gli occhiali, così come Nike, che ha creato un’app di realtà aumentata per consentire alle persone di prendere le misure dei propri piedi per ricevere consigli personalizzati sulla taglia da acquistare.
Connessione: fame di interazioni significative
In una dimensione in cui la comunicazione è sempre più mediata dalla tecnologia, approfondisce infine l’esperta, uno dei fattori che più spinge le persone a entrare in contatto con i brand è la fame di connessione. Utenti, clienti, persone sono più che mai “affamati” di interazioni significative anche con i brand.
Quello di connessione è un bisogno che ha a che fare con il desiderio di appartenenza, di sentirsi parte di una tribù. Si tratta di sentirsi davvero capiti, accettati e convalidati da chi ci sta accanto” spiega Nahai. “Riuscire a generare un senso di “parentela” e di appartenenza nelle persone attraverso il marketing, le interazioni e i touch point che create appositamente per loro, dà loro l’opportunità di legarsi a voi”. E sul senso di appartenenza si misura la qualità e la solidità delle relazioni, anche di quelle con un brand.
Influenza, web psychology e trend d’acquisto al Marketing Forum
Nathalie Nahai è un’esperta di psicologia del web, tecnologia e consumer behavior. Combinando studi neuroscientifici e di behavioral science, ha coniato il concetto di web psychology attraverso il quale studia le dinamiche di influenza che regolano i comportamenti di acquisto online e come applicarle al business. Consulente per numerose Fortune500, tra i suoi clienti figurano Google, eBay, PwC, Unilever e Harvard Business Review. Membro del Social Media Week advisory board e dell’Ogilvy Change Experts panel, ha tenuto lezioni nei maggiori atenei internazionali, tra cui Cambridge, UCL e Hult Business School. Il suo Webs of Influence, bestseller tradotto in 7 lingue, è adottato come testo di riferimento da aziende e università. Al Marketing Forum approfondiremo tutti gli strumenti della web psychology per comprendere le dinamiche dietro ai nuovi trend d’acquisto e costruire un’identità di brand in risonanza con i valori delle target audience. Il programma completo al business event dedicato al marketing strategico è disponibile cliccando qui.