Logo, font, palette colori: quanti aspetti teniamo in considerazione per dare un’identità visiva all’azienda affinché sia riconoscibile a primo impatto?
Spesso, però, sottovalutiamo una componente altrettanto importante per emergere nel caos digitale: il tone of voice. Questo perché, come osserva Ann Handley, punto di riferimento internazionale nel campo del content marketing, “molte aziende non ci stanno ancora pensando”. Trovare la voce giusta, che rispecchia la personalità e i valori del brand, diventa un vantaggio competitivo significativo, oltre che uno strumento di differenziazione.
Per individuare il tono di voce che meglio si addice al brand, Handley propone alcune best practice, due delle quali abbiamo già approfondito in un precedente articolo.
Il filo rosso della comunicazione aziendale
Un asset strategico, spesso percepito come secondario ed eccessivamente tecnico, è la creazione di uno style book, un documento che diventa fondamentale quando l’azienda si espande, collabora con partner esterni o entra in nuovi mercati. Disporre di linee guida chiare e condivise consente di mantenere un’immagine coerente e professionale, riducendo il rischio di errori di comunicazione che potrebbero danneggiare il brand.
Cosa deve contenere uno style book per essere efficace?
- Le 4 parole che abbiamo individuato per definire il brand, che abbiamo esaminato qui.
- Una descrizione del significato delle quattro parole applicate al contesto.
- La persona verbale. Nonostante possa sembrare una decisione marginale, non lo è. Molte aziende, infatti, quando parlano tendono ad usare persone diverse: passano dalla prima plurale (“noi”, “ci”) per poi adottare la terza singolare. Se la prima opzione fornisce al tone of voice un senso di accoglienza, usare un pronome impersonale trasmette un’impressione più distaccata. Si tratta di una scelta che dipende dal tone of voice che meglio ci si addice e che è bene mantenere nel tempo.
- Il linguaggio da usare. Utilizzare tecnicismi di settore, ad esempio, può significare andare in cerca di una mentalità condivisa nonché dimostrare conoscenza approfondita di ciò che si intende comunicare.
- Un manuale di stile: in genere ci si rifà a un manuale già ben noto e accreditato o, comunque, a linee guida sulla grammatica più autorevoli, come Treccani nel caso italiano. In questo modo, le basi fondamentali dello stile di scrittura (come “email” vs “e-mail”) vengono già stabilite e l’attenzione può essere spostata su aspetti più importanti del branding. Di certo non si tratta di regole immutabili, ma di “un documento vivo e pulsante, gestibile attivamente e da controllare ogni trimestre” e che potrebbe essere un semplice file Google o perfino un grafico.
Il tone of voice passa per ogni touchpoint
Spesso si pensa che il tone of voice vada applicato solo nei contesti più evidenti, come i testi di un sito. In realtà, dopo aver definito il modo in cui vogliamo comunicare con i clienti, è fondamentale usare la nostra voce per distinguerci in ogni touchpoint: dalla pagina di errore 404 fino a quella di conferma dell’iscrizione alla newsletter.
Un caso esemplare, secondo Handley, è quello di Freaker USA – azienda leader nella produzione di contenitori tessili isolanti per bevande – che si distingue dai suoi competitor per lo stile che adotta e che applica a tutto ciò che fa.
Nella pagina “about”, ad esempio, la presentazione è eccentrica, coerentemente con il tone of voice del brand:
Fondata nel 2011 e con sede a Wilmington, nella Carolina del Nord, Freaker USA è rapidamente diventata leader mondiale nella prevenzione di strette di mano umide e bevande sudate. Non si limita a venderti il loro prodotto “fit-all”, ma ti regala un invito alla sua festa: un kit di partenza per un nuovo stile di vita.
Ma non solo, il suo tone of voice prende forma anche alla conferma di iscrizione alla newsletter:
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Certo, non è necessario essere eccentrici come Freaker USA, ma il punto è: qual è la voce del nostro brand?
Se il logo sparisse, ci riconoscerebbero ugualmente?
Distinguersi nel rumore digitale: Ann Handley al Marketing Forum
Al Marketing Forum continueremo ad approfondire le strategie per trovare e amplificare la voce autentica del brand, per allinearla agli obiettivi aziendali e crescere come una media company. Lo faremo insieme ad Ann Handley, pioniera digitale e Chief Content Officer di MarketingProfs, una delle più importanti piattaforme di education sul marketing, attraverso cui forma marketer, team e grandi aziende di tutto il mondo.
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